
I comuni italiani ceramici o meglio, di antica e affermata tradizione ceramica sono 46, di cui gli ultimi 6 appena riconosciuti ad aprile 2019 dal Consiglio Nazionale Ceramico, l’organo istituito presso il Ministero dello Sviluppo Economico con il compito di applicare la Legge 188 del 1990 per la Tutela della ceramica artistica e tradizionale e della ceramica di qualità.
La legge in questione nasce con la finalità della “tutela della denominazione di origine delle produzioni di ceramica artistica e tradizionale, ai fini della difesa e della conservazione delle loro caratteristiche tecniche e produttive” e istituisce, appunto il Consiglio Nazionale Ceramico che, attraverso la redazione e l’applicazione di un apposito disciplinare, ha il compito di “tutelare la ceramica artistica e tradizionale, valorizzandone il patrimonio storico e culturale tradizionale nonché i modelli e i decori tipici, e la ceramica di qualità”.
Il disciplinare di produzione della ceramica artistica e tradizionale si differenzia per aree, precedentemente individuate dal Consiglio come zone di affermata tradizione: esso descrive e definisce i caratteri fondamentali della ceramica di quella zona, con particolare riferimento a modelli, forme, stili e decori ritenuti tipici, alle tecniche di lavorazione e produzione, alle materie usate e alla loro provenienza.
Il numero così importante di città ceramiche ufficialmente riconosciute, l’istituzione di organi preposti alla tutela e alla valorizzazione di questa determinata produzione artistica e artigianale raccontano di un Paese in cui la ceramica, nelle sue più svariate forme, è assoluta protagonista. Ogni città ha il suo tratto distintivo, immediatamente riconoscibile, sinonimo di esclusività e specificità, che, a volte, racchiude vere e proprie tecniche di produzione.
Ad esempio Caltagirone, che annovera una delle tradizioni ceramiche più antiche e apprezzate al mondo, grazie all’invetriatura, portata dagli arabi durante la dominazione della Sicilia. Grazie a questa tecnica, ottenuta immergendo il manufatto dipinto nella vernice trasparente che mescola silice e ossido di piombo, la ceramica perde la completa o parziale porosità della terracotta, si vetrifica diventando lucida e compatta. Al medioevo, invece, risale quell’uso dei colori vivaci che così caratterizza la produzione artigianale locale, probabilmente cercando di replicare sulle opere in ceramica quella tradizione appartenente alla produzione tessile dei ricami siciliani, il decoro.
Oppure Faenza e la sua ceramica faentina, le cui origini vengono fatte risalire addirittura al I sec. a.C., probabilmente grazie alle argille di ottima qualità del fiume Lamone su cui sorge la città. La ceramica della città romagnola raggiunge il suo apice nel Rinascimento, quando ormai la tecnica della maiolica era ampiamente consolidata e l’eleganza formale dei decori diventa tratto esclusivo, al punto da dettare una nuova linea narrativa definita ceramica istoriata.
Ancora Orvieto, la più antica tradizione ceramica umbra, grazie agli etruschi che portarono la produzione dei buccheri: una ceramica cotta a diretto contatto con il carbone (dal quale prende il colore nero) ed in totale mancanza di ossigeno. La svolta, però, nella ceramica orvietana avviene tra il 1200 e il 1400, quando alla ceramica bruno e verde su smalto bianco si aggiunge l’uso del blu cobalto e del giallo e si introducono tecniche di decorazione nuove come la “zaffera”, un’ingobbiatura graffita a rilievo. Prima della cottura, infatti, viene applicato al manufatto un rivestimento terroso, che non rende impermeabile la ceramica ma ha esclusive finalità estetiche, visto che al di sopra è possibile dipingere policromi e applicare poi la vernice per l’invetriatura.
Infine, come potevamo non citare Napoli, che deve la notorietà della propria produzione ceramica alla produzione artistica di Capodimonte, località in cui nel Settecento venne istituita la Real Fabbrica per la produzione della porcellana per volere di Carlo III di Borbone. Gli oggetti realizzati a Capodimonte (sui quali viene impresso un giglio azzurro, la stessa fonte di ispirazione del brand di ArteFiCe) raggiungono nel tempo una forma artistica autonoma, elegante e raffinata. La porcellana ha origini nell’antica Cina, quando venne utilizzato per la prima volta il particolare impasto che presentava l’aggiunta del caolino all’impasto. Nei secoli, si è assistito alla sua esportazione in Europa anche se si dovette aspettare il 1703 quando l’alchimista Meissen scoprì come realizzare la stessa porcellana dura cinese grazie all’aggiunta proprio del caolino. Tuttavia, la porcellana di Capodimonte è ancora diversa: l’assenza del caolino è colmata dalla fusione di varie argille provenienti dalle cave del sud. Il risultato è un impasto tenero, color latteo, che rende questa manifattura ancora unica nella storia della porcellana, con il suo stile inconfondibile dedicato all’armonia naturalista.
Questo probabilmente non è il luogo giusto per raccontare in un unico contenuto tutte le ricchezze e le specificità della antica tradizione ceramica: non abbiamo parlato della tradizione toscana, delle ceramiche pugliesi o marchigiane, delle altre realtà campane, venete e piemontesi… ma di sicuro, nei prossimi contributi, cercheremo di approfondire sempre di più!