
Nel 1734 Carlo di Borbone prese possesso del trono di Napoli: egli si dimostrò molto presto un sovrano generoso e capace, come dimostrano le riforme sociali ed economiche intraprese e la trasformazione di Napoli in una moderna capitale europea, meta obbligatoria del colto turismo europeo.
Il suo interesse per la porcellana nacque nel 1738, anno in cui la sua sposa, Maria Amalia di Sassonia, giunse a Napoli portando con sé non meno di diciassette serviti e un numero ampissimo di statuette, andate poi completamente disperse. La nuova regina, infatti, era nipote di quell’Augusto II di Sassonia che aveva dato vita nel 1710 alla prima manifattura europa di porcellane, quella di Meissein, in quegli anni al massimo del suo prestigio. Ma non fu soltanto il desiderio di emulare gli altri sovrani europei a spingere Carlo nella nuova impresa, bensì un’autentica passione: ci è stato tramandato che lui stesso si dilettava con impasti e cotture.
Il più antico documento riguardante la fabbrica risale al 1740, anno in cui furono inviati alcuni campioni di terra da Catanzaro. Durante questa prima fase sperimentale, si lavorò in alcuni locali situati nei giardini del Palazzo Reale, ma, una volta divenuti insufficienti, il re incaricò l’architetto Ferdinando Sanfelice di ristrutturare un grande casamento nel parco di Capodimonte (1743). Nel frattempo, da Messein non si riuscì a ottenere nessuna indicazione riguardante la composizione della pasta: si tentò invano di attirare esperti da Doccia, Vienna e Le Nove. Allora la composizione della pasta fu affidata per i primi 3 anni al fiorentino Livio Schepers, sostituito nel 1744 dal figlio Gaetano, i cui procedimenti diedero ottimi risultati per tutta la durata della manifattura. Nel ruolo di pittore capo e decoratore troviamo il piacentino Giuseppe Caselli, già attivo per casa Farnese, al quale fu affiancato nel 1743 Giuseppe Della Torre.
Man mano che la manifattura cresceva, furono assunti nuovi artisti: l’organico della Fabbrica contava nel 1755 ben 58 addetti, l’elenco dei quali rivela un fenomeno tipico di Capodimonte, ossia l’esistenza di vere e proprie dinastie fondate dagli artisti più importanti con l’occupazione e l’apprendistato dell’intera famiglia.
La fabbrica visse soltanto 16 anni, fino al 1759, anno in cui l’amato sovrano fu chiamato in Spagna per succedere sul trono al fratellastro Ferdinando VI. Carlo partì a malincuore e su tre navi al suo seguito fu imbarcata praticamente l’intera manifattura con tutti gli artisti. Via mare andaron via anche 5 tonnellate di pasta mentre ciò che non si poteva trasportare fu distrutto per impedire al sovrano successore di riprendere la produzione.
Di questo periodo i risultati furono più che lusinghieri: già a partire dal ‘43 al ‘45, furono messe in vendita, in occasione di fiere annuali, tabacchiere, pomi di mazza, servizi da tè, zuppiere e grandi vasi con coperchio “a uso di Sassonia”, realizzati in quella bella pasta tenera, bianca e trasparente che resterà tipica di Capodimonte.
La produzione dei primi anni è sicuramente ispirata alle forme tardo barocche di Meissein, anche se più semplificate. Fu prodotto ogni genere di vasellame e di suppellettili, dalle forme e decorazioni più svariate. Su numerose zuppiere, teiere, tazze, vassoi e piattini compaiono gaie decorazioni floreali di tipo sia orientaleggiante che europeo, paesaggi, pastorellerie, battaglie, nature morte e animali ispirate agli artisti in voga a quell’epoca. Un altro motivo caratteristico è quello che vede i manici delle zuppiere, caffettiere, vasi e ciotole assumere l’aspetto di rami con bacche o di tralci di vite, come nella bellissima coppia di vasi della Collezione De Ciccio, nel Museo di Capodimonte. I colori, generalmente stesi a puntini oppure, come nel caso dei fiori, a linee sottilissime, risultano quasi sempre delicati e armoniosi, con la prevalenza del rosso pallido, del violetto tenue, delle diverse tonalità di verde, del marrone, mentre l’oro appare piuttosto granuloso e tendente a cancellarsi.
La popolarità della Commedia dell’Arte ispirò modellatori di quasi tutte le manifatture di porcellana. Neanche Capodimonte si sottrasse a questa tendenza, come attestano tante statuette di maschere più volte replicate.
Cosa è successo alla Real Fabbrica di Capodimonte lo scopriremo nei prossimi contenuti di ARTelling, perciò iscriviti alla Newsletter per viaggiare con noi.